Spoleto, grido di aiuto di una studentessa nella lettera scritta al vescovo

Nelle righe inviate a monsignor Boccardo la sofferenza e la difficoltà di chi resta dopo i suicidi dei coetanei 

«Ho paura… il suicidio nella mia classe è un taboo; è più importante terminare i programmi e riempirci la testa di matematica e di italiano, mentre nessuno ci guarda e ci chiede “come stai?”. Non c’è mai posto per ciò che si pensa, sei importante solo se sei il migliore, ma se stai soffrendo diventi un diverso, un problema da allontanare nella nostra vita “priva di ostacoli e difficoltà”. A me non interessa avere una bella pagella e poi scoprire che non mi importa di sapere come sta il mio compagno di banco che ieri c’era e oggi non c’è più… Mi hanno detto che è normale… Ho pianto e urlato ma nessuno ugualmente mi ha ascoltato… Perché non ci insegnano a guardare negli occhi qualcuno e a capire veramente come si sente? Perché non ci insegnano a conoscerci invece di nasconderci dietro questa facciata di moralismo, dove tutti sanno tutto ma forse non si conoscono… La vita non è rosa e fiori, ma nessuno ci ha mai insegnato che esistono delle difficoltà e c’è una grande differenza fra “superiamole insieme” e “non preoccuparti, ci penso io!”».

Questa la lettera che una ragazza di un Istituto Superiore di Spoleto ha inviato al vescovo Renato Boccardo che domenica in Duomo l’ha letta dall’altare per spronare i fedeli a una maggiore attenzione verso i giovani.

«È un grido disperato di aiuto – ha detto il vescovo – che scuote le nostre coscienze e sollecita la nostra responsabilità. Queste parole non possono lasciarci indifferenti e ci richiedono di mettere in atto tutte le nostre capacità e la nostra fantasia per accompagnare per mano i nostri figli nel cammino della vita. La grande opera dell’educazione non è delegabile, e tutti dobbiamo assumerci la nostra parte. Nasce da queste considerazioni l’appello che rivolgo a tutti – famiglie, scuola, educatori, società civile e comunità cristiana – per realizzare insieme una autentica “alleanza educativa”, che non si configura come una scelta fra tante, ma come la scelta inderogabile da compiere e attuare con perseveranza: ne va del presente e del futuro del nostro mondo; ne va soprattutto delle speranze e della vita delle giovani generazioni. Alle quali dobbiamo insegnare a credere che, come canta un’artista contemporanea (Fiorella Mannoia, ndr), «per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta; per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta. E siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta. Che sia benedetta…».