Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del senatore Stefano Lucidi (M5s) sul piano lacrime e sangue presentato dalla nuova proprietà della Novelli
Il piano presentato al Mise per il gruppo Ex-Novelli ora Alimentitaliani, non ha nulla di un piano industriale ma si tratta solo di una enunciazione di desideri e di promesse, in perfetto stile renziano. Il piano industriale manca nella sua totalità di uno sviluppo di un vero, coerente e sostenibile piano economico, finanziario e patrimoniale.
Anzi, vista la tempistica di presentazione, dopo 3 mesi dalla cessione, più che piano industriale dovremmo chiamarlo “piano piano industriale”. Analizzando le pagine presentate emergono solo alcune promesse, che serviranno solo nel breve periodo, mentre continua l’assenza di cifre e dati tecnici scritti in modo tecnico-professionale. Queste promesse sono funzionali solo a ridurre il numero dei dipendenti e ridurre ulteriormente le retribuzioni di quelli che continueranno poi a far parte dell’azienda, oltre a dividere,mettendo gli uni contro gli altri, i dipendenti del gruppo.
Ma le promesse servono anche in favore dell’omologa del concordato presentato da Alimentitaliani al tribunale di Castrovillari, nonché a continuare in una gestione dell’ex Gruppo Novelli che in questi primi 3 mesi è apparsa quantomeno lacunosa e insufficiente che non ha fatto altro che acuire la crisi del gruppo e inasprito i rapporti con tutti i soggetti con cui si rapporta, fornitori, clienti, istituti di credito, enti previdenziali ed erario.
Il tutto senza che ci sia stato il minimo accenno a quell’auspicato rilancio del business assolutamente necessario alla continuità del gruppo agroindustriale umbro. Nelle premesse del “piano piano industriale”, è singolare non si faccia riferimento alcuno alla cessione delle aziende agricole avvenuta prima della presentazione della domanda di concordato da parte di Alimentitaliani, cessione che ha notevolmente ridotto la massa dell’attivo che avrebbe dovuto garantire i creditori del concordato del Gruppo Novelli. Continua ancora l’anomalia di un tavolo ministeriale che avalla un documento (non lo si può definire piano industriale, e infatti lo chiamiamo “piano piano industriale”) che non mostra lo sviluppo delle vendite, non presenta numeri che definiscano i volumi attuali e i volumi futuri ipotizzati, non spiega quali prodotti verranno venduti e a chi, ad esempio definendo il posizionamento e le quote di mercato che dovranno essere conquistate analizzando e quindi tenendo conto dei principali competitor presenti, appunto, sul mercato. Non è chiaro come verrà strutturata la rete commerciale che dovrà sostenere tale sviluppo visto che, nei primi tre mesi di nuova gestione la stessa risulta essere stata quasi totalmente azzerata.
Si parla di generici risparmi legati ad innovazioni ed investimenti senza in alcun modo darne una quantificazione e senza definirne gli effetti nel medio periodo, così come non si evincono i risultati economici che conseguiranno le società nei prossimi anni e quindi i flussi di cassa generati dalla gestione corrente. Nessun riferimento allo stock di debito pregresso, ovvero come e quando verrà pagato il debito che si riferisce al concordato Gruppo Novelli, il debito accumulato dalla stessa Gruppo Novelli nel periodo dalla dichiarazione di concordato alla cessione nei confronti di Alimentitaliani e il debito che è stato accumulato nei primi 2 mesi di gestione Alimentitaliani che rimangono ora bloccati dalla domanda di concordato presentata dalla stessa presso il tribunale di Castrovillari, nonché come e quando verrà pagato il debito accumulato negli ultimi 5 anni da tutte le altre società del gruppo. Tenendo poi conto degli investimenti che vengono prospettati nei prossimi anni, non si comprende in alcun modo quale sia il fabbisogno finanziario della società, e come verrà coperto. Non è in alcun modo specificato quanto i Greco investiranno, di proprio, nei prossimi anni (a partire dagli 1,4 milioni promessi nell’atto di acquisto), quanti contributi pubblici riusciranno ad ottenere e quando, quanto ricorso all’indebitamento nei confronti del ceto bancario sarà necessario.In pratica non vi è alcun cenno alla copertura finanziaria del piano, nel breve, nel medio e nel lungo periodo. Eppure qualcuno diceva che questa soluzione renziana era l’unica possibile.