Iulian Ghiorghita, 31 anni, e Aurel Rosu, appena 20 anni: questi i nomi dei due romeni fermati stamattina con l’accusa di essere i rapinatori che hanno ucciso Luca Rosi e stuprato la 54enne di Pietramelina. Sono entrambi domiciliati a Vercelli. C’è un terzo complice, che è ancora ricercato in Italia e all’estero. Sono loro le «bestie» come le ha definite Bruno, papà di Luca Rosi, ucciso il 2 marzo scorso a Ramazzano.
Ghiorghita e Rosu stavano tornando in Italia a bordo di un minibus (un furgone Mercedes) di quelli che fanno la spola tra Italia e Romania. Dopo l’omicidio erano riusciti a tornare in patria e lì gli inquirenti avevano attivato la polizia rumena per catturarli. Ma improvvisamente ai carabinieri è giunta la notizia della partenza. Il furgone andava verso Padova-Venezia, poi verso altre destinazioni del Nord Italia. Così è scattato il blitz. Alle 6, a una sosta poco dopo il confine italo-sloveno di Gorizia due carabinieri in borghese si sono avvicinati ai rapinatori e, senza quasi che gli altri se ne accorgessero, li hanno caricati in macchina. Direzione Perugia.
Ad attenderli un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, firmata dal gip Carla Maria Giangamboni, con le accuse pesantissime di rapina aggravata, sequestro di persona, violenza sessuale, porto ed uso abusivo di armi e, ovviamente, omicidio pluriaggravato. Lo ha specificato il comandante Angelo Cuneo nel corso di una conferenza stampa tenuta insieme al comandante del reparto operativo provinciale Pierugo Todini e al comandante del Reparti crimini violenti Vincenzo Molinesi.
Al momento ai tre (i due arrestati più il ricercato) vengono contestati tre colpi: la tentata rapina ai coniugi Barcaccia a Bastia Umbra nel giugno 2011, la rapina con stupro alla famiglia Papa di Pietramelina del 3 febbraio scorso e la rapina con l’omicidio di Luca Rosi il 2 marzo. Ma si indaga su altri colpi, non solo in Umbria. Il gruppo di fuoco si muoveva dal Piemonte poco prima dei colpi, ma aveva covi. Uno di questi a Resina, vicino Perugia. Qui c’era anche il basista, Catalin Simonescu (ma forse non è l’unico) e una serie di complici.
Al commando i carabinieri sono giunti grazie ad alcuni elementi. Il primo è il dna di Ghiorghita: lo stesso trovato sulla scarpa che perse fuggendo dai Barcaccia e nel corpo della povera donna stuprata a Pietramelina. Sarebbe lui la belva più sanguinaria: colui, probabilmente che ha sparato 5 colpi sull’inerme Luca Rosi, ammazzato con le mani legate dietro la schiena. Nessun dna è stato invece trovato a Ramazzano. Però a collegare Pietramelina a Ramazzano ci sono elementi altrettanto pesanti: c’è la pistola rubata a Papa, una calibro 9×17 dell’84 come quella usata per uccidere Rosi. E ci sono anche alcune testimonianze. Quella di Catalin, ma anche quella di una donna la cui casa a Resina era il covo della banda – lì sono andati dopo la fuga sulla Golf di Luca Rosi. (Umbria24.it – foto Umbria24.it)