L’arcivescovo Boccardo: «Nonostante la sofferenza, la morte, la paura, l’incertezza del futuro il Signore viene».
Il Presule indica tre aspetti del Natale da riscoprire: la fragilità, il valore della sobrietà, la crescita del senso di solidarietà.
«La sofferenza, la morte, ma anche la stanchezza, la paura, l’incertezza del futuro e tutto ciò che ci attraversa dentro consegnandoci a una malinconia di fondo, quasi ci fa rigettare gli aspetti più festosi del Natale. Eppure il Signore viene». È un passaggio dell’omelia che l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha tenuto il giorno di Natale, domenica 25 dicembre 2022, nella Basilica Cattedrale di Spoleto, dinanzi a tanti fedeli. La sera del 24 il Presule ha presieduto la Veglia di Natale sempre in Duomo e il mattino del 25, prima del Pontificale in Cattedrale, si è recato a celebrare l’Eucaristia all’Hospice di Spoleto insieme ai malati di cancro lì accolti.
Mons. Boccardo nell’omelia del giorno ha sottolineato tre aspetti importanti del Natale. «Il primo – ha detto – è imparare che la fragilità è il nostro destino: la possiamo detestare perché ci impedisce di sentirci più forti, oppure accoglierla per sentirci più umani. Non è un bambino appena nato il massimo della fragilità da custodire? Non è questo Dio l’antitesi di tutti i miti di grandezza e potenza, se sceglie di farsi uomo e di nascere in una grotta? Possiamo allora imparare a benedire la nostra fragilità come luogo che si rende ospitale per accogliere Dio e la sua Parola, avendo egli stesso scelto la via dell’abbassamento (cf Fil 2, 6-11), nascendo nella carne e morendo sulla croce. E quando avremo benedetto la nostra fragilità, saremo anche diventati più umani».
Poi, l’Arcivescovo ha indicato come secondo aspetto del Natale la riscoperta del valore della sobrietà: «Non bisogna fare inutili moralismi: è bello scambiarsi dei doni a Natale. Un’altra cosa è lasciarsi coinvolgere da quanto riesce a produrre nelle nostre anime la frenetica società dei consumi, restringendo la nostra visuale, spingendoci a desiderare il superfluo, consegnandoci alla nervosa agitazione degli acquisti. Gesù lo troviamo in una cornice essenziale e semplice: una grotta, dei pastori, un villaggio sperduto in cui ha vissuto trent’anni. Un po’ di sobrietà ci può far riscoprire il gusto dell’essenziale, la bellezza delle cose semplici, quelle che nella vita contano davvero».
E infine il terzo aspetto indicato dal Presule è la crescita del senso di solidarietà: «La semplicità del Natale – ha detto – ci indica che la vita acquista significato e sapore quando ci apriamo all’amore. Da soli non possiamo farcela: adoriamo un Dio che è Dio-con-noi, che stabilisce relazioni, desidera raggiungerci, si apre all’incontro. La semplicità del Natale ci invita a dare vita a relazioni umane buone e gratuite, sviluppando un più evangelico senso della giustizia e dell’attenzione a chi è nella sofferenza e nel bisogno. Dio, che si fa solidale con gli uomini, ci chiede di accoglierlo anzitutto nel volto degli altri».