A sei anni dal sisma del 2016: a Norcia, nella cripta della Basilica di S. Benedetto, un momento di preghiera per fare memoria.
L’arcivescovo Boccardo: «Quando l’uomo è capace di continuare a camminare nonostante la fatica e la delusione può scoprire all’improvviso una nuova gioia di vivere. È questo il grande miracolo che continua ad accadere tutti i giorni sotto il sole. L’esempio e l’intercessione di S. Benedetto ci aiutino ad abitare così, con le sue luci e le sue ombre, il tempo della nostra vita».
Domenica 30 ottobre 2022: esattamente sei anni fa, e sempre di domenica, un violento terremoto ha ferito e trasfigurato Norcia e la Valnerina. Alle 7.40 l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo ha presieduto un momento di preghiera per fare memoria di quanto accaduto. E il luogo scelto è altamente significativo: la cripta della Basilica di S. Benedetto, simbolo del sisma del 2016.
È stata ricostruita la volta, sono stati ricollocati gli antichi pilatri, è stato ricostituito quell’antichissimo ambiente, luogo di devozione, di arte e di storia che è la cripta, dove secondo la tradizione sono nati i santi gemelli Benedetto e Scolastico. Col Presule sono scese in cripta, in totale sicurezza, 25 persone, tra cui: il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Alfredo Mantovano, la presidente della Giunta regionale dell’Umbria Donatella Tesei, il commissario straordinario alla ricostruzione Giovanni Legnini, il Capo del dipartimento di Protezione Civile Fabrizio Curcio, la presidente della Provincia di Perugia Stefania Proietti, il sindaco di Norcia Nicola Alemanno, il soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma Paolo Iannelli, il parroco di Norcia don Marco Rufini, il priore dei monaci benedettini padre Benedetto Nivakoff. Le persone presenti hanno assistito alla cerimonia, dalla Piazza, attraverso dei monitor.
La riflessione dell’Arcivescovo ha trovato il fondamento nel capito 3, versetti 1-8 del Libro di Qoèlet, dove si dice che ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. «Fare memoria – ha detto il Presule – vuol dire sempre necessariamente “imparare”. Sorge spontanea allora la ricerca di un insegnamento da quello che abbiamo vissuto. Lo vorrei esprimere così… Il sapiente antico appena ascoltato ci ricorda che la dimensione della vita dell’uomo si realizza in un tempo preciso, dove ogni istante ha la sua ragion d’essere. È qui e ora che viviamo ed esprimiamo il nostro essere in tutta la sua umanità e nelle sue contraddizioni; c’è infatti “un tempo per amare e un tempo per odiare; un tempo per demolire e un tempo per costruire; un tempo per piangere e un tempo per ridere”.
Riconosciamo in ogni giorno della nostra vita il susseguirsi di questi tempi tanto diversi tra loro e, se ci fermiamo a riflettere, possiamo ricordare periodi precisi in cui abbiamo sperimentato in modo particolare un tempo piuttosto che un altro, tempi dolorosi di lutto, di perdita; tempi felici di rinnovamento, di nascita, di vita nuova». «E allora noi – ha proseguito il Presule – impariamo la pazienza del tempo: la vita è fatta di molteplici esperienze, di avvicendamenti, di stagioni che ruotano e di profumi che cambiano: nulla resta per sempre e ciò che oggi sembra remoto e impossibile, domani sarà tuo; la vita è fatta di relazioni e queste generano il pianto e il riso, l’abbraccio e la distanza, l’amore e l’odio, il cercare ed il perdere; la vita ha un’estensione a tutto sesto e sul limitare dell’amore si può conoscere l’odio. Il nostro cuore resta attonito e pensante dinanzi al teatro sublime e tremendo che è il dipanarsi della parabola esistenziale. Ma anche fiducioso.
C’è un tempo per ogni cosa e, quindi, vivi appieno il momento: nel riso vivi tutta la gioia possibile, nel pianto cogli la goccia preziosa delle lacrime, nella ricerca metti ogni tua curiosità e, nella perdita, approfitta per liberarti dalle zavorre del passato e per prepararti ad accogliere aurore nuove; nel tempo dello strappo grida e ribellati alle lacerazioni, giungerà il giorno per ricucire i pezzi e il filo dell’unione si riannoderà. La legge della vita esiste, e la sua armonia si può udire e gustare solo sintonizzandosi con i suoi tempi giusti. Quando le cose ci appaiono brutte e non buone forse siamo semplicemente fuori tempo: mangiamo un frutto acerbo, valutiamo un processo ancora in corso, non sappiamo pazientare finché un sogno giunga a compimento, ci fermiamo al venerdì santo, vediamo un albero sfiorito nel suo autunno senza attendere la primavera.
Quando l’uomo comprende – nel dolore – di non essere il padrone delle cose la cui esistenza lo affascina e seduce, allora può voltarsi, assumere uno sguardo nuovo sulla realtà e scoprire lo scorrere misterioso e sapiente della vita. Quando è stato capace di continuare a camminare nonostante la fatica e la delusione, dopo aver rinunciato per sempre alle consolazioni non vere, può scoprire all’improvviso una nuova gioia di vivere. È questo il grande miracolo che continua ad accadere tutti i giorni sotto il sole. L’esempio e l’intercessione di San Benedetto ci aiutino ad abitare così, con le sue luci e le sue ombre, il tempo della nostra vita». Al termine del momento di preghiera l’arcivescovo Boccardo ha ringraziato il sovrintendente Iannelli che con la sua sensibilità ha permesso di essere qui; e il grazie del Presule è andato anche al commissario Legnini che «è accanto a noi fino a diventare uno di noi e speriamo di continuare a lungo questa collaborazione».