Ruggero Cappuccio, “Capolavoro d’amore”, Feltrinelli.
Nel 1969, dall’Oratorio semiabbandonato di San Lorenzo a Palermo, fu rubata una gigantesca tela di Caravaggio: la “Natività con San Lorenzo e San Francesco”. Incredibilmente neanche le autorità erano informate che nella città fosse conservato questo capolavoro. E un dettaglio della tela perduta, lo splendido angelo che si avvicina a Maria, è ritratto sulla copertina del libro.
Attorno a questo furto gravita la storia del romanzo, che è prima di tutto un inno d’amore a Palermo e alla sua bellezza decadente, tra i palazzi nascosti, i mercati popolari e i quartieri distrutti dai bombardamenti americani nella Seconda guerra mondiale.
Il protagonista torna in Sicilia dopo otto anni, un amore impossibile lo ha allontanato dalla sua terra, ma adesso deve fare i conti con il suo passato e con la sua nostalgia perché un anziano zio pianista gli ha scritto. C’è una lunga confessione in gioco, nella quale la vicenda privata si intreccia indissolubilmente all’enigma del Caravaggio rubato.
L’ombra della mafia si allunga sulle pagine e le prime vittime iniziano a cadere, a partire dal controverso giornalista De Mauro che aveva ripetutamente invitato i mandanti del furto alla restituzione, ipotizzando inoltre una collusione tra la mafia e i gruppi al potere a Roma.
Un bel romanzo, che ha più chiavi di lettura: il mistero del Caravaggio perduto, il racconto segreto dello zio, la rinnovata coscienza di sé del protagonista.
Per chi volesse approfondire la storia della “Natività” di Caravaggio, ovviamente mai più ritrovata, consiglio la visione del film “Una storia senza nome” (2018), con Alessandro Gassmann e Micaela Ramazzotti, che propone una soluzione sconvolgente in relazione al destino del quadro…
Lucia Romizzi