Mariza incanta Spoleto con un emozionante concerto in Piazza Duomo

“Lisbona è dove il mio cuore batte”.

Non si può visitare Lisbona senza infilarsi in una taverna o in una bottega dove si canta il fado. Artisti improvvisati intonano i loro canti della nostalgia, intessendoli delle loro emozioni e della loro umanità.
Evocano mondi lontani, suggeriscono la fine di un’epoca e la decadenza di un mondo, rivendicano il destino degli ultimi, esprimono il dolore di un amore finito o il tormento di un tradimento.

Eppure il fado non comunica tristezza, contrariamente a quanto si crede, perché i suoi interpreti, pur nell’imprescindibile malinconia della loro musica, esprimono anche la loro ribellione e la loro volontà di riscatto. Perché il fado non è il canto del dolore ma il canto della nostalgia, la tensione verso qualcosa di perduto ma non del tutto.

Mariza, artista originaria del Mozambico, è cresciuta a Lisbona e qui è venuta a contatto con l’anima più profonda della città. Quella del fado e della sautade. Raccogliendo l’eredità della grandissima Amalia Rodrigues, Mariza è da venti anni la più grande interprete del fado moderno. Un’eredità fortemente attualizzata. Niente scialli da donna del popolo o raffinati ma mesti abiti in velluto nero. Mariza si presenta al folto pubblico di Piazza Duomo nella trasparenza di uno splendido abito bianco che sembra fatto di luce e illumina il palcoscenico. Stabilisce subito un rapporto con il pubblico, curioso ma timido, dirige la musica con la sua voce cristallina, emoziona con un fado mai così sensuale.
Complici un sapiente uso delle luci e la splendida cornice del Duomo, lo spettacolo propone sonorità sempre più avvolgenti, in un ventaglio di passaggi vocali che rivelano la maestria dell’artista.

E forse, grazie a Mariza, più che la sautade di un popolo brutalizzato dalla storia del Novecento (si pensi al regime di Salazar, “il grande dinosauro”), Spoleto è entrata a contatto con i sogni della nuova Lisbona, grintosa e avveniristica, sogni non esenti tuttavia da un filo di nostalgia.
Una piccola nota: a coronamento di questa serata incantevole e raffinata, forse Mariza avrebbe potuto concedersi qualche minuto al suo pubblico per la firma degli autografi, secondo un piccolo rituale sempre molto gradito.

A Joao, amico portoghese che nel 2008 mi ha fatto scoprire il fado nei meandri dell’Alfama e che adesso non c’è più.

Lucia Romizzi