Paura Nucleare, le considerazioni di Iacopo Mancini

Please, change my mind!

“Distruggeremo l’anti-Russia creata dall’occidente”: una frase tanto chiara quanto preoccupante, quando a pronunciarla è un dittatore come Putin. Riflettendoci solo quattro parole (ancora meno in russo) separano questa frase dalla ben più temibile: “distruggeremo l’occidente”, frase che fa tremare solo a scriverla, ma che, a pensar male, forse non dista troppo dai sogni del dittatore pazzo.
Dunque ci siamo? La resa dei conti è arrivata?
Il punto non è se il peggio avverrà o meno, ma che il peggio, se continuiamo a rimuovere, avverrà. Se non oggi al più entro una vita, la nostra.
Da quasi un secolo conviviamo con lo spettro della distruzione, tanto assuefatti ad essa da smettere di parlarne: per le nuove generazioni, la mia compresa, l’argomento è sempre stato una stanza serrata, un tabù. Nei giornali, nei social, nella conversazione, chi è nato nel duemila ha sentito parlare di nucleare (e lo sforzo nel solo scriverlo lo conferma) soltanto nei libri di storia. Lo abbiamo relegato al passato, ci siamo convinti che si trattasse di uno scenario inattuale, lo abbiamo rimosso. La più grande rimozione collettiva della nostra storia.
Il dramma delle rimozioni, però, è sempre lo stesso: i problemi rimossi restano latenti e divorano. Questo abbiamo fatto, ci siamo lasciati divorare, abbiamo scelto di fingere che il problema del nucleare non ci fosse, per quella solita abitudine umana a considerare le cose più grandi di noi indegne della nostra attenzione; abbiamo concentrato ogni sforzo su altre battaglie, che per quanto nobili poggiano tutte lì, sopra le fondamenta marce della distruzione.
Come un uomo rimuove il pensiero della morte per evitarne l’angoscia, la società ha rimosso il pensiero della catastrofe, che per sua stessa mano la minaccia. Un po’ con quel fare del fumatore, che perché fuma non se lo chiede mai e storce il naso se qualcuno glielo chiede: stringi stringi non lo sa nemmeno lui.
Troppo facile la scusa della mutua deterrenza, della detenzione di armi nucleari solo a scopo preventivo, del tipo: “ma va’ là che tanto non le usa nessuno”; ragionare così significa essere disposti ad affidare la propria vita ai capricci di ogni possibile rincoglionito che sale al potere.
E ora che il problema pare impellente? Se si può, si continua a rimuovere, con i vari macché, con l’autoconvinzione che nasconde la legittima speranza che quel rincoglionito non arrivi mai, o perlomeno non sia Putin. Nemmeno ora rinunciamo alla rimozione, nemmeno ora prendiamo atto di essere stati per troppo tempo indifferenti a un pericolo letale, di averlo accettato, subìto, magari promosso.
Allora si vede la diplomazia tentare con ogni sforzo di salvare sé stessa, come una vecchietta armata di penna di fronte a un cerbero cieco e sordo, che vede già riflessa nelle gole della bestia la sua impotenza. Ora sì che si accorge, lei stessa, di essere il prodotto fantoccio d’una società che ha scelto la forza bruta. Ora sì che capisce di rischiare il suo stesso esistere. Davanti al cerbero cieco lei stessa ricorda di essere stata edificata sopra una forza distruttrice, di esserne lo schermo.
Dunque? Sta per arrivare il momento in cui rimuovere non sarà più possibile?
Quattro rapide considerazioni: 1_ Dal governo russo è stato nominato più volte il nucleare: già il solo nominarlo ne rende tangibile la minaccia, 2_ Nella storia del mondo nessun’arma è mai stata costruita restando poi inutilizzata, senza contare che tra il 2019 e il 2021 sono stati messi a disposizione della produzione di armi nucleari più di 685 miliardi di dollari, non certo per farne oggetti da collezione 3_ Putin ha tanta vergogna quanto senno e tanta paura quanto orgoglio, ha insomma tutti i tratti del rincoglionito: a dimostrarlo gli atti criminali di questi giorni, dalle vittime Ucraine agli arresti in Russia; che sia tanto ambizioso da voler entrare nella storia a spese di tutti? 4_ Ogni supposizione fa pensare che la situazione non sia in fase distensiva: l’accordo di pace non arriva e non pare ce ne siano i presupposti, l’occidente ha giocato quasi tutte le sue carte.
Alcuni scenari possibili:
A. Lasciamo fare Putin per evitare l’escalation e proseguiamo nella nostra rimozione finché un russo non ci suona il citofono al posto di Salvini, continuando comunque a sperare che si fermi all’Ucraina e non diventi un nostro problema (come se già non lo fosse, ma si sa, finché i problemi non bussano alla porta non sono problemi nostri).
B. Proseguiamo con sanzioni più dure, finché Putin non si troverà senza niente da perdere o la Cina non calerà le braghe, palesando le sue velatissime simpatie.
C. Speriamo che Putin rinsavisca e con lui tutti i suoi fedelissimi.
D. Speriamo che dall’interno qualcuno tenti quello che con Hitler fallì. Un oligarca russo ha già messo una taglia sulla sua testa; ma basterà la sua scomparsa a scongiurare il pericolo imminente? Ricordiamo che, oltre a tre teste (politica, militare e criminale), il nostro cerbero cieco ha anche una lunga coda di proseliti, in tutti e tre i campi, pronti a immolarsi per la sua memoria. Servirebbe dunque un colpo di stato ben strutturato, chissà…
E. …
Continuo a sperare di aver fatto male i conti, che si presenti qualche via per ora occulta. Continuo a sperare di aver sbagliato tutto, di poter cancellare queste parole e ricominciare daccapo con toni meno catastrofisti. Continuo a sperare.
Nel frattempo: rimozione e aperitivi!

Iacopo Mancini