Spoleto7itinerari: inseguendo il mito di Raffaello

In Umbria sulle tracce di Raffaello: Itinerario tra Città di Castello e Perugia.

Forse non è così noto che proprio la nostra regione è stata teatro delle giovanili aspettative e dei primi successi dell’adolescente Raffaello.
Purtroppo le opere che ha dipinto in Umbria, da sedicenne allievo di Pietro Vannucci a Perugia e poi da giovanissimo maestro messosi in proprio a Città di Castello e a Perugia, hanno lasciato nel corso dei secoli la nostra regione per entrare a far parte delle collezioni internazionali più prestigiose.
Per fortuna però in queste due città umbre possiamo ancora trovare tracce della sua talentosa attività: vi suggeriamo un itinerario per ammirarle.
Nella Pinacoteca Civica di Città di Castello è esposto lo Stendardo della Trinità: molto più di un’opera d’arte, era un oggetto particolarmente sacro, un vero e proprio talismano per la cittadinanza che veniva portato in processione nei momenti più bui in cui la popolazione aveva bisogno della massima protezione divina perché colpita da epidemie e pestilenze. Proprio per questa sua funzione di difesa dai morbi più temuti, ai piedi della Trinità sono raffigurati i santi Rocco e Sebastiano, considerati i protettori dalla peste.

A Perugia invece, camminando per i vicoli del centro storico possiamo passare di fronte alla casa del maestro Vannucci (indicata da una bella targa in pietra rosa del Subasio) per respirare con un poco di immaginazione l’atmosfera dei giorni dell’adolescenza di Raffaello che trascorrevano tra il lavoro in bottega e la compagnia dei tanti allievi che vivevano in un’atmosfera di condivisione collegiale presso il maestro (come era abitudine all’epoca), ma soprattutto, salendo nel punto più alto della città, è possibile ammirare un suo affresco, ancora nella collocazione originaria.

Si tratta dell’affresco dipinto nel 1505 sulla parete della Cappella di S. Severo a Porta Sole, ancora una Trinità e Santi, firmato da Raffaello e completato, con altri Santi, nel registro inferiore firmato questa volta dall’anziano Pietro Vannucci che subentrò, per ultimarlo, dopo la morte improvvisa del suo ex allievo nel 1520, immaginiamo con quale smarrimento e commozione.

Quest’opera ha un fascino particolare, vuoi perché il lavoro lasciato incompiuto ci racconta in modo tangibile la storia di un giovane talento letteralmente travolto dal successo, tanto da diventare quasi una figura divinizzata dai suoi contemporanei, che non ha più tempo di occuparsi di commissioni in provincia, mentre la parete lasciata per quindici anni in parte spoglia dai monaci camaldolesi suoi committenti, ci racconta di una attesa trepidante, speranzosa e direi commovente, di una città che evidentemente era sempre pronta a riaccoglierlo a braccia aperte, le condizioni in cui il dipinto è giunto a noi, in parte rovinato dall’umidità e da restauri invasivi, invece raccontano, purtroppo, di un ricordo di Raffaello in Umbria che nei secoli è andato scolorendosi, fino a rischiare di perdersi nella memoria collettiva.
Con questo breve itinerario possiamo invece riscoprire questa memoria e tenerla viva.

Francesca Berardi