Bracconaggio di uccelli e frode: 11 indagati dalla procura di Spoleto

Si è appena conclusa l’operazione denominata “Lord of the Rings”, condotta dalla Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati a Danno degli Animali (SOARDA) del Reparto Operativo del Raggruppamento Carabinieri Cites, avviata in Umbria con la collaborazione delle Stazioni Carabinieri Forestale di Campello sul Clitunno e Cerreto di Spoleto. Le indagini erano iniziate nel mese di settembre 2019 a seguito di un controllo presso un allevamento umbro di richiami vivi ad uso venatorio.
L’operazione ha stroncato un’attività dedita al traffico illegale di avifauna selvatica anche particolarmente protetta, destinata al mercato degli uccelli da richiamo per cacciatori. Il traffico scoperto, che interessava diverse regioni italiane, veniva alimentato anche da esemplari provenienti illecitamente da altri paesi europei.
L’attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Spoleto, ha portato a numerose perquisizioni che hanno visto impegnati i Carabinieri Forestali umbri di Campello sul Clitunno, Cerreto di Spoleto, Norcia, Sant’Anatolia di Narco, Scheggia e i Carabinieri Forestali di Napoli, Caserta, Forlì-Cesena,Vicenza, Belluno, Treviso, Trieste e Gorizia, oltre a quelli del Reparto Operativo Cites di Roma, specializzato nel contrasto al bracconaggio.
La cornice di sicurezza è stata garantita dalla partecipazione alle operazioni dei militari delle Compagnie Carabinieri di Foligno e Spoleto e delle altre Compagnie Carabinieri interessate.
Si premette che la fauna selvatica è qualificata dall’ordinamento giuridico quale “patrimonio indisponibile dello Stato” e, pertanto, la legale detenzione di ciascun esemplare di uccello allevato richiede che venga apposto, al tarso dello stesso, nell’immediatezza della nascita, un anello cilindrico inamovibile considerato sigillo.
L’indagine ha disvelato una pratica che, tramite la cattura illegale di uccelli in natura e l’illecita apposizione agli stessi di anelli identificativi contraffatti o inidonei, prevedeva la successiva commercializzazione degli stessi, come esemplari da richiamo per l’attività venatoria, ad ignari cacciatori convinti di acquistare legittimamente uccelli di allevamento.
I reati contestati agli indagati, inizialmente 7 (di cui 5 umbri) poi divenuti 11, sono, oltre alla frode in commercio, la ricettazione, il maltrattamento animali (diversi esemplari presumibilmente catturati da poco tempo, presentano lesioni traumatiche agli arti di natura esogena dovute alla manipolazione finalizzata all’inanellamento di soggetti adulti), l’uso abusivo di sigilli e la caccia di uccelli con mezzi non consentiti.
Nell’ambito delle perquisizioni sono stati rinvenuti circa 800 anelli inamovibili, nonché tutta l’attrezzatura necessaria per manometterli e inserirli all’avifauna selvatica. Sono circa 2000, infatti, gli uccelli vivi sequestrati, di cui circa la metà privi di anello, liberati immediatamente in natura dai militari nel corso degli accertamenti. Altri uccelli, più di 500, sono stati ritrovati morti, probabilmente destinati al consumo umano.
Ritrovati e sequestrati anche gli strumenti che venivano utilizzati per catturare gli uccelli: 241 reti da uccellagione, 10 richiami elettromagnetici, nonché diverse confezioni di testosterone, utilizzato per migliorare le prestazioni canore degli uccelli.
Il numero di uccelli rinvenuti evidenzia un business illecito di particolare rilievo, considerato che il valore di mercato di un esemplare “da richiamo”può raggiungere anche 500 euro.
E’ invece incalcolabile il danno ambientale derivante da un prelievo venatorio non selettivo, sia nella quantità che nella determinazione della specie.
Gli uccelli sequestrati da riabilitare al volo sono stati affidati ai centri di recupero animali selvatici “Il Pettirosso” di Modena e “Il Frullone” di Napoli.
Particolarmente laboriosa si è rivelata, inoltre, l’attività tecnica, svolta congiuntamente a ornitologi e veterinari (resi disponibili dalle associazioni ambientaliste LIPU, Legambiente e CABS e dal Corpo Forestale del Friuli Venezia Giulia, dall’Osservatorio Faunistico della Regione Umbria e dal Servizio Veterinario della Asl Umbria2), finalizzata ad accertare l’alterazione degli anelli.