Raffaella Romagnolo, “Aggiustare l’universo”, Mondadori 2023.
Ai microfoni di Spoleto7Libri è stavolta Raffaella Romagnolo, una delle voci più interessanti della narrativa contemporanea, finalista al Premio Strega 2024.
Nel romanzo “Aggiustare l’universo” la scrittrice piemontese racconta la storia di un’infanzia negata – quella di Francesca – e di una giovinezza ferita, eppure battagliera – quella della maestra Gilla – durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale.
1) Raffaella, da cosa è nata l’idea di questo libro?
Da una doppia spinta. Da una parte volevo scrivere un romanzo di scuola, soprattutto dopo l’esperienza potentissima della pandemia. Quando tutte le scuole del Paese sono state chiuse – e non era mai successo – la reazione di docenti e famiglie è stata immediata. Continuare a “fare scuola”, pur in modi inediti, è diventata la priorità. Abbiamo cioè sperimentato come la scuola sia un modo per immaginare e costruire il futuro, anche e soprattutto nei passaggi più bui. Dall’altra parte, scrivendo “Aggiustare l’universo” volevo proseguire un percorso di indagine letteraria sulla storia del nostro Paese nel Novecento, percorso cominciato con il romanzo Destino (Rizzoli, 2018) e proseguito con Di luce propria (Mondadori, 2021).
2) Siamo nel 1945 e in una scuola un tempo occupata dai nazifascisti la maestra Gilla trova un planetario rotto. Che significato assume per lei questo oggetto?
Molti significati. La scuola dove Gilla è chiamata ad operare è un po’ come il nostro Paese all’indomani della guerra: devastato. Il materiale didattico manca o, come in questo caso, è inutilizzabile. E lei si adopera per aggiustare il planetario proprio perché non si arrende alla distruzione, allo sconforto, alla disperazione. Si tratta anche di un oggetto che idealmente la tiene in contatto con le sue radici. Sono infatti gli insegnamenti del padre orologiaio che le consentono, poco alla volta, di rimettere in funzione il planetario.
3) Riparando pazientemente il planetario la giovane donna ripara il suo cuore. Cosa c’è nel suo passato?
Gilla è sopravvissuta ai terribili bombardamenti di Genova, città che pagò un prezzo altissimo durante la guerra. Da sfollata sulle colline tra Piemonte e Liguria, entra in contatto con i suoi coetanei partigiani e attraversa la stagione della Resistenza, che fu, è sempre bene ricordarlo, una straziante stagione di lutti. Nella realtà la guerra non finì il 25 aprile e la pace non cominciò il 26. Si trattò di un lungo, doloroso processo ed è questo che provo a raccontare nel romanzo attraverso il personaggio di Gilla.
4) La strada di Gilla si interseca con quella di una bambina orfana, Francesca, affetta da mutismo selettivo per un terribile trauma. Perché si parla e si scrive così poco di quello che hanno subito durante la guerra?
I bambini sono le vittime senza voce di ogni guerra. Il romanzo è anche un modo per portare in primo piano la loro esperienza, qui attraverso il personaggio di Francesca-Ester, che è vittima due volte. Delle durissime condizioni che toccarono ai civili nei lunghi anni di guerra e, prima ancora, delle leggi razziali emanate contro di italiani di appartenenza ebraica dal governo fascista a partire dal 1938.
5) La persecuzione degli Ebrei, estesa all’Italia da Mussolini per compiacere l’alleato Hitler, è da Te ripercorsa nel suo rapido progredire. Perché è importante, oggi ancora di più, coltivare la Memoria?
La memoria è la porta d’accesso alla consapevolezza e quindi alla comprensione di fenomeni che, purtroppo, sono ancora oggi attuali. Per ragioni anagrafiche i testimoni di quegli anni lontani stanno scomparendo. Chi dovrebbe farsi carico di questo passaggio se non chi lavora sull’immaginario?
Ringraziamo Raffaella Romagnolo per queste bellissime parole, tanto più preziose ora che la memoria di quello che è stato si sta disfacendo.
Lucia Romizzi