Riceviamo e pubblichiamo da Spoleto 2030, gruppo di opposizione in consiglio comunale con Diego Catanossi
Spoleto non riesce nell’impresa di divenire Capitale della Cultura 2025. Ci sta, la sfida era oggettivamente ardua: già possiamo contare su di un importante finanziamento ministeriale per il Festival dei Due Mondi; a vincere, tra le quindici ai nastri di partenza, è una città di inestimabile valore storico-culturale come Agrigento.
In questi casi, però, di solito rimane il grande valore di un percorso fatto, di una comunità coinvolta, di obiettivi comunque raggiunti o raggiungibili al di là del riconoscimento mancato. Elementi questi centrali di qualsiasi proposta progettuale che Spoleto, a nostro avviso, non riesce a far emergere durante l’audizione del 28 Marzo, momento in cui vanno in scena tutti i limiti sin qui palesati dalla Giunta Sisti.
Manca una visione organica, una cornice di senso figlia di un reale percorso di elaborazione.
La compagine spoletina difetta di coralità, mostrandosi come un insieme di solisti di cui non si avverte il peso in termini di valore apportato all’idea progettuale presentata. Del resto, la tanto vituperata energia si scarica di fronte ad un sindaco che tende a monopolizzare la scena, che vuole dimostrare alla commissione di essere all’altezza della sfida perché lui, già project manager di Expo, è in grado di gestire una governance.
A tal proposito, al di là di generiche enunciazioni di principio, emerge quanto poco egli creda nell’apporto generativo di un’amministrazione condivisa, di una comunità più larga che si senta parte attiva di un processo. Lo si era capito al momento di un avviso pubblico aperto per sole due settimane e lanciato frettolosamente alla fine di luglio, lo si capisce quando la dirigente Farinelli parla con orgoglio di “nostro progetto” in riferimento alla sola squadra di dipendenti comunali.
Nonostante le sollecitazioni da parte della commissione, traspare l’assenza di un coinvolgimento che superi le mura urbiche, di una città capace di assumere una posizione di leadership di un comprensorio inter-cittadino e di inserirsi in asset strategici di più ampio respiro. Perché, ad esempio, non provare a mettere in rete spoletini sparsi nel mondo o a rendere protagoniste le città gemellate? Naturalmente su tale versante le responsabilità sono da condividere con la Regione Umbria che non riesce a farsi
promotrice di un percorso unitario come fa la Sicilia con Agrigento, presentatasi come avamposto di una più complessa rete regionale inserita dentro asset di respiro nazionale ed internazionale.
Non risulta chiara, infine, la peculiarità del progetto, cosa lo rende generativo per gli anni a seguire, gli obiettivi in termini di posizionamento della città dentro il vasto mondo della cultura. Il monologo finale dell’assessore Chiodetti rappresenta in modo plastico tale criticità, mettendo in luce l’artificiosità di un’operazione che rischia ancora una volta di aver buttato solo un po’ di fumo negli occhi dei cittadini.
Il problema non è dunque non aver centrato la vittoria, quando si partecipa ad una competizione ci sta di perdere, considerate anche le numerose variabili in gioco; la cosa che più ci ha allarmato è il non essere riusciti a raccontare un percorso, a trasmettere la passione di una comunità, a far emergere la forza di obiettivi condivisi che, al netto del risultato finale, possano comunque portare dei frutti.
Siamo certi che Spoleto meriti molto di più e che, a fronte di innumerevoli criticità strutturali, “le idee sono già in giro” A tal proposito apprendiamo dai giornali che il Sindaco intende comunque portare avanti il progetto, nonostante il mancato arrivo dei cospicui fondi ministeriali previsti: auspichiamo che la necessaria rivisitazione del bilancio comporti una rivisitazione globale del progetto che, allargando lo sguardo, possa mettere in rete le “energie” (stavolta al plurale) affinché si generi realmente cultura e il tutto non rimanga un generico slogan progettuale.