Spoleto7libri dopo aver pubblicato la recensione di “Oliva Denaro” propone ai suoi lettori un’appassionata intervista con l’autrice Viola Ardone realizzata dalla nostra Lucia Romizzi. Sperando di averla presto nostra ospite a Spoleto ecco l’intervista.
Dopo il successo de “Il treno dei bambini’ (2019), che affronta un episodio poco noto del Secondo Dopoguerra, Viola Ardone ha pubblicato nell’autunno del 2021 il bellissimo “Oliva Denaro”. Un romanzo che grazie al passaparola è diventato un best seller e che ci propone un tema (purtroppo) attualissimo nella nostra società: lo stupro e la sua percezione. Ricordiamoci che nella civilissima Italia fino al 1981 la violenza carnale era depenalizzata se mascherata con un matrimonio riparatore e che fino al 1996 (appena 26 anni fa!) lo stupro era considerato reato contro la morale, e non contro la persona.
Viola, da cosa è nata l’idea di questo libro?
Volevo attraversare questa storia di sofferenza e di riscatto in soggettiva, entrando nelle emozioni e nei sentimenti spesso contraddittori di una ragazzina al suo primo incontro con il desiderio e le sue leggi difficili da interpretare. Ho fatto ricorso ai miei ricordi di adolescente, al misto di eccitazione e paura che provavo quando mi sentivo oggetto dell’attenzione altrui, ma mi sono anche interrogata su che cosa significhi oggi essere donna e sul perché è ancora così difficile in alcuni casi affermare la parità con gli uomini. L’ho scritto in prima persona perché sono tematiche che mi stanno molto a cuore.
Uno dei punti focali del romanzo è il rapporto tra Oliva e l’amatissimo padre. Come lo ha costruito?
Volevo dare vita a una figura di padre non conforme al modello dominante dell’epoca. Non il padre-padrone che impone le sue regole ma un uomo pieno di dubbi che si sottrae al giudizio altrui e si mette in ascolto della figlia per interpretare il suo desiderio. Un padre che accompagna la figlia e non le indica una strada ma è pronto a sostenerla se è in difficoltà. Per questo nell’ultima parte ho voluto sentire anche la sua versione dei fatti e ascoltare la sua voce.
Il tessuto sociale nel quale si inserisce la vicenda ha nelle sue pieghe una visione patriarcale del corpo della donna. Condivide l’idea che spesso siano le donne stesse (le madri, le sorelle, le zie, le datrici di lavoro) a perpetuare questa idea o lo vede come un fatto residuale, legato a realtà arretrate e/o degradate?
Per molto tempo è stato così, ed è ancora così nelle società più tradizionali e arretrate. Le donne sono costrette a perpetrare quel modello maschilista e patriarcale perché non hanno altra scelta, lo fanno per non mettere a repentaglio la tranquillità delle proprie figlie, per non renderle vittime di una società ingiusta. Crescere una ragazza libera e autonoma significa esporla alle pene di una legge ingiusta e arretrata.
Il personaggio che mi ha colpito di più è quello di Liliana, l’amica comunista che andrà a Roma e lotterà per l’emancipazione femminile. Cosa rappresenta per Lei Liliana?
Oliva guarda a Liliana con un misto di ammirazione e di inquietudine. Lei è tutto quello che la madre le indica come sbagliato. È una ragazza libera, che si proietta nel futuro, che non nasconde i propri desideri. Ma lei può farlo perché ha avuto un’educazione diversa, per Oliva invece la strada è tutta in salita. L’idea di libertà per lei è una conquista, molto dolorosa, che pagherà sulla sua pelle. Ma forse proprio per questo è una conquista ancora più preziosa.
Una particolarità del tuo romanzo è il linguaggio dei personaggi, che presenta una forte venatura dialettale. Perché questa scelta?
Ho cercato di ascoltare la voce di Oliva e degli altri personaggi, ho inventato una cadenza dialettale che non è propriamente siciliana ma piuttosto un misto di dialetti del meridione. L’ho fatto perché una narrazione in prima persona non può mai essere “neutra”, se appartiene a un luogo deve esprimersi secondo i canoni di quel luogo, altrimenti suona finta.
L’istruzione salva Oliva dai suoi fantasmi e da se stessa. Che valore possono avere i libri in una società tecnologizzata come quella attuale?
I libri non smetteranno mai di affascinarci, credo. Perché ci permettono di vivere un’esperienza completamente diversa da quella di altri media, molto più pervasivi ma meno coinvolgenti. I libri sono un mondo a parte e tocca a noi adulti spiegare ai giovani quanto sia affascinante.
La seconda parte del libro non a caso è ambientata nel 1991. Oliva è ormai una donna che guarda con tenerezza l’adolescente che è stata. Che rapporto hai con la nostalgia?
È la stessa nostalgia che ho provato io scrivendo di Oliva, ho ricordato la mia adolescenza, i miei primi turbamenti, la difficoltà di accettare i cambiamenti e la curiosità di entrare nel mondo degli adulti. La nostalgia è un dolce dolore.
Oliva Denaro è l’anagramma di Viola Ardone, una scelta coraggiosa. Puoi spiegarcela?
L’ho chiamata con l’anagramma del mio nome perché credo che la storia di una donna sia la storia di tutte le donne. La battaglia che stanno combattendo oggi le sorelle iraniane riguarda anche noi. Una donna italiana assassinata dall’ex compagno perché voleva lasciarlo potrei essere io. Non ci sono storie che non ci riguardano e il “no” di una ragazza degli anni Sessanta ha permesso anche a me oggi di essere una donna più libera oggi.
Lucia Romizzi