Spoleto, Palazzo Collicola: presentazione dell’opera di Umberto Boccioni

Umberto Boccioni (1882-1916), il più grande pittore e scultore futurista, a 140 anni dalla nascita sarà ricordato a Spoleto con l’esposizione in Palazzo Collicola di una sua ben nota opera, Dinamismo di un corpo umano, giunta in prestito temporaneo alla Galleria d’Arte Moderna di Spoleto.

Durante il periodo di esposizione dell’opera, la sua pittura e la sua scultura saranno rievocate in una conferenza con alcuni dei maggiori specialisti di Boccioni.

L’opera, una grande litografia realizzata dall’artista nel 1913, sarà collocata in una delle sale dedicate alle Avanguardie e Neoavanguardie e rappresenta il soggetto del “camminatore”: lo stesso soggetto di Forme uniche della continuità nello spazio, la celeberrima scultura boccioniana, anch’essa del 1913, che innalza il Futurismo italiano soprattutto nel MoMa di New York. Anzi, ne è una versione bidimensionale. Della grande litografia esistono soltanto tre altri esemplari, uno dei quali è esposto, tra gli altri capolavori dell’artista, nel Museo del Novecento, a Milano.

Nel 1913 Boccioni aveva trentuno anni, viveva a Milano e sperimentava intuizioni rivoluzionarie, derivate anche da ricerche di filosofia e di fisica. Riteneva che il nostro sguardo non separa una figura dall’ambiente in cui essa si trova. Nella litografia c’è un uomo che cammina di notte in città, nel vento e sotto la pioggia. Il suo andare, il suo dinamismo, è tutt’uno con la scena: il buio, la poca luce di un fanale, le finestrelle di un fabbricato. Molte pagine, in varie lingue, sono state scritte sul “dinamismo boccioniano”.
Umberto Boccioni, vertice innovativo dell’arte del Novecento, incontrò a trentaquattro anni una morte accidentale. Infuriava la Prima guerra mondiale, si arruolò volontario e soldato semplice fu assegnato a un reparto di Artiglieria da Campo Ippotrainata, di stanza al Chievo, presso Verona. Un giorno montò in sella e poco lontano dagli accampamenti il cavallo da tiro lo sgroppò. Morì alle prime luci del 17 agosto 1916 nell’Ospedale Militare di Verona. “Era un uomo che avrebbe meritato di scegliere lui la morte” – disse D’Annunzio. Marinetti cadde nella disperazione. Lo pianse Giacomo Puccini. Ma i giornali dedicarono poco spazio a quella morte. Del resto, c’era la guerra.