Spoleto7libri: Alessandra Carati, “E poi saremo salvi”, Mondadori. Intervista

 Alessandra Carati, “E poi saremo salvi”, Mondadori

 Alessandra Carati, candidata al Premio Strega 2022, ha da poco pubblicato un bellissimo romanzo su una famiglia di profughi bosniaci che, al tempo della guerra degli anni Novanta nella ex Jugoslavia, cerca rifugio a Milano. Qui i loro figli, Aida e Ibro, crescono e compiono due percorsi di vita completamente diversi, in un rapporto complesso e conflittuale con le loro radici.

1) Alessandra, come è nata l’idea di questo libro?

Nel 2008 ho avuto l’occasione di entrare in contatto con una comunità di Bosniaci. Vivono a Milano, dopo essere scappati dal proprio paese d’origine per mettersi in salvo da una feroce operazione di pulizia etnica.
La forza delle loro esperienze mi ha colpito da subito e da subito avrei voluto farne un romanzo. Allora non avevo una tenuta emotiva e professionale che potesse sorreggermi nella scrittura. Gli anni a seguire sono stati ricerca sul campo, documentazione, messa a fuoco di una lingua: raccontavo l’esperienza di una famiglia di profughi che tenta di ricostruirsi una casa, mentre assiste alla distruzione della propria. C’era da comprendere lo scenario europeo, sentire l’energia della grande Storia, e c’era da sprofondare nella vita concreta di persone destinate a un trasloco coatto, a cui non è concesso tornare indietro. Mi serviva un mondo organico, di azioni, corpi, temperature; mentre studiavo questo pezzo oscuro di storia recente, andavo a cercarlo lungo la Drina, a pranzo con sopravvissuti, attraverso le finestre delle loro case, sulle lapidi dei loro cari. Poi, nel 2016 c’è stata la prima stesura, da lì una serie di riscritture che hanno portato il libro alla forma in cui oggi il lettore lo incontra.

2) Perché hai scelto di raccontare il dramma dei profughi dai territori della ex Jugoslavia attraverso lo sguardo di Aida, una bambina innocente?

Volevo che il lettore sentisse la storia senza mediazione, incandescente: avevo bisogno di un punto di vista interno che potesse affondare nelle vicende. Aida, la giovane protagonista, si trova a crescere e diventare adulta in una situazione estrema. Capisce presto che per sopravvivere deve trovare un rifugio e il suo bisogno si salda con quello di Emilia, una volontaria buona e accogliente. Emilia è una seconda casa, come l’Europa. Eppure nessuna storia d’amore è profonda quanto quella dell’infanzia. Aida vede sua madre sgretolarsi sotto il peso della nostalgia e lotta contro un feroce desiderio di lei.
Lo sguardo della protagonista, la sua voce portano il lettore attraverso situazioni differenti tra loro e distanti nel tempo; eppure, come un filo, le tengono insieme in modo così saldo che la lettura non si disperde in cento rivoli, fluisce con la storia.

3) Aida cresce e si distacca dalla sua famiglia, rifugiandosi nella sua ‘famiglia’ italiana e frequentando un Liceo prestigioso. Perché per il fratello Ibro l’integrazione è invece impossibile?

Ibro è l’unico figlio maschio, nato in Italia, al riparo dalla violenza e dall’oscenità della guerra. Per la famiglia incarna la possibilità di un riscatto rispetto al destino che tutti loro hanno dovuto subire. Eppure rivela quasi da subito un’inadeguatezza a soddisfare le aspettative dei genitori. In parte le tensioni, i conflitti che vive sono gli stessi di ogni altro ragazzo della sua età – sono connessi alla crescita e alla necessità di individuarsi rispetto alla propria famiglia, di lasciare spazio al sentimento misterioso e ambivalente che ci lega ai genitori.
E però, in E poi saremo salvi, la Storia torchia i personaggi in modo così radicale da soverchiarne l’equilibrio, irreversibilmente. Lo stato di perenne emergenza, di caos li sommerge e richiede uno sforzo talmente grande che nessuno di loro riesce più a stare in ascolto. Ecco, nel momento in cui l’ascolto reciproco salta, tutto comincia a andare in rovina.

4) Che senso assume per la protagonista l’idea del ritorno a casa?

Dentro il romanzo tutti sono guidati dalla ricerca della heimat perduta; per loro heimat è casa, è patria, è il luogo dove si ha il diritto di esistere e dove si è riconosciuti come cittadini, come esseri culturali.
Aida capisce presto che per sopravvivere, ha bisogno di ridisegnare la propria traiettoria, anche a costo di un taglio delle radici. Eppure, quando il taglio accade, lei non ne è del tutto consapevole, come se fosse conseguenza di una situazione estrema e non di una decisione. Aida agisce per rabbia, provoca, è disperata. In fondo non sceglie mai davvero.
Proprio quando tutto nella sua vita sembra essersi assestato, il destino scarta di nuovo, all’improvviso, riportandola nel posto da cui era fuggita.

5) A quale personaggio ti sei affezionata di più?

Il romanzo è un prisma di cui ciascun personaggio è parte integrante e irrinunciabile. Tra tutti, ho amato Ibro profondamente.

6) Sei candidata al Premio Strega 2022. A quali progetti stai lavorando adesso?

Ce n’è uno, molto ambizioso – forse troppo – su cui sto lavorando dal 2019. Non è ancora abbastanza a fuoco da poter essere raccontato.

Lucia Romizzi