Intervista esclusiva al pianista Francesco Attesti

Abbiamo realizzato un’ intervista con un pianista di grande talento e successo: Francesco Attesti. Anche lui, come tanti artisti non ha dimenticato la sua visita a Spoleto e soprattutto il Festival dei 2 Mondi.

Francesco, quali sono il primo ricordo e l’ultimo ricordo che hai di Spoleto?
Ricordo di esserci stato in visita da adolescente con degli amici, rimasi particolarmente affascinato dal centro storico e dal Ponte delle Torri; successivamente ebbi modo di approfondire la storia della città nel periodo longobardo. L’ultimo ricordo è recentissimo, risale a questo febbraio, quando ho svolto un bellissimo incontro on line con i ragazzi della Quarta del Liceo Linguistico, che mi hanno travolto con il loro entusiasmo, con la loro passione per la musica e con la loro curiosità per il mondo.

Il Festival dei Due Mondi ha reso Spoleto famosa in tutto il mondo. A tuo avviso, quale apporto fornisce oggi al panorama musicale nazionale e internazionale questa manifestazione?
Il Festival dei due Mondi è certamente uno dei principali avvenimenti musicali a livello mondiale. L’attenzione che nel corso degli anni è stata data all’arte contemporanea lo ha contraddistinto e caratterizzato fortemente, inoltre, la possibilità che viene data ai giovani cantanti di potersi esibire all’interno del festival è encomiabile, oggi c’è davvero un estremo bisogno di queste manifestazioni culturali.

Se tu assumessi un giorno la Direzione del Festival, che innovazioni proporresti?
La direzione del festival è stata assunta da Monique Veaute proprio lo scorso anno e credo saprà dare ulteriore slancio alla manifestazione, un profilo di altissima esperienza che non credo abbia bisogno di suggerimenti. So che per i prossimi due anni è stato raggiunto un accordo di partenariato con il maestro Antonio Pappano e l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, sono convinto che questo nuovo corso possa essere foriero di successi e visibilità.

Nella tua lunga carriera da pianista solista hai suonato in tutti i continenti. Quale paese ti è sembrato più attento alla valorizzazione della musica classica?
Metterei in cima alla lista la Germania e il nord Europa in genere, l’attenzione e la considerazione verso la musica in questi Paesi è davvero elevatissima.

 La tua ultima tournée prima del lockdown è stata in Cina e si è svolta in auditoria di recentissima costruzione. Che impressioni hai tratto da questa esperienza?
La realtà cinese è sempre in grande sviluppo, gli auditoria costruiti recentemente sono molteplici e tutti modernissimi. Gli architetti che sono intervenuti, molti anche dall’Europa, hanno saputo cogliere degli elementi caratterizzanti della cultura cinese, fondendoli sapientemente con la funzionalità acustica necessaria. Il pubblico è forse ancora da educare, ma c’è comunque un forte interesse verso la musica classica anche da parte delle giovanissime generazioni, la dimostrazione di ciò è ben rappresentata dalle numerose famiglie che affollano le sale da concerto.

La situazione epidemiologia attuale sta mettendo in ginocchio il mondo della musica, dello spettacolo e della cultura. Cosa si può fare, a tuo avviso, per fronteggiare l’emergenza?
Purtroppo questa situazione ci ha colto completamente impreparati e non siamo ancora riusciti a dare una risposta adeguata dal punto di vista delle performances dal vivo. Tutto il mondo della musica sta praticamente attendendo che la pandemia si affievolisca o passi del tutto, ma credo che si debba invece agire concretamente. Si stima che circa 400 mila persone siano impiegate nel settore musicale solo in Italia, con dei numeri sempre crescenti, credo quindi, che le istituzioni debbano affrontare seriamente il problema. Non si può infatti pensare che il sistema possa reggere a lungo con le sole dirette streaming dai teatri vuoti oppure con registrazioni che non riescono mai a coprire i costi di produzioni. In internet si trovano infatti gratuitamente video di altissima qualità musicale dei grandi del passato, non vi è quindi una sufficiente domanda da parte del mercato tale da poter far sopravvivere l’intero comparto con questa metodologia esecutiva.

Ritieni possibile un ritorno alla “musica dal vivo” nelle forme a cui eravamo abituati fino all’inverno 2020?
Lo auspico vivamente, pena dover perdere masse di professionisti che dovranno, per sopravvivere, dedicarsi ad altro. È ovvio che dovremo comunque adattarci sempre più all’uso della tecnologia per i concerti o per le lezioni a distanza. Si stanno già elaborando app e piattaforme che permettano un audio ottimale, al momento, infatti, è proprio la modesta qualità audio il punto debole delle lezioni online.

Che messaggio vorresti dare ai ragazzi che sognano un futuro nel mondo della musica classica?
Se c’è ancora davvero qualcuno così follemente innamorato della musica da dedicargli la sua intera esistenza vorrei dirgli semplicemente: “Studiate, studiate e ancora studiate. Lo sforzo sarà enorme e magari non sarà mai ripagato economicamente per le ore di fatica passate sullo strumento ma, se avrete la costanza e la determinazione necessaria, potrete dire di svolgere il mestiere più bello del mondo!”.