Quest’opera teatrale è un ossimoro: in essa, infatti, v’è una straordinaria ordinarietà. Lo è il riadattamento di Ronconi, che come al solito non delude, lo sono i due protagonisti, Giorgio Ferrara e la superba Adriana Asti e lo è la trama, in cui ognuno di noi (o quasi) può ritrovare somiglianze con la propria vita.
Lui è un capitano burbero e ciecamente arrogante, lei è una donna diabolica e piena di rancore. Entrambi sono dominati da un’insoddisfazione profonda per non essere riusciti a diventare ciò che avrebbero voluto o, semplicemente, perché sono esseri umani.
I due riescono a dissimulare il loro malcontento personale e reciproco vivendo le loro giornate su un delicato equilibrio, fino al punto in cui arriva Karl, un giovane uomo loro amico che, metaforicamente, diviene la miccia che fa esplodere la bomba (familiare).
Lei cerca di sedurlo, il Capitano diventa cattivo, cerca di ferire i due inventando cose che generano conseguenze ancora più gravi: nell’arco di un’ora e mezza, insomma, quella che pareva tranquillità, diventa un inferno. E’ un inferno che si spinge sempre oltre con il passare dei minuti, prosegue gradualmente in un climax ascendente che scorre inesorabile verso la catastrofe e la disfatta della coppia.
Poi, improvvisamente, la Danza macabra si fa più lenta: Karl -avendo capito di essere entrato nel bel mezzo di una specie di follia che solo i membri della coppia sono in grado di capire- scappa, lasciandoli soli, di nuovo.
In poco tempo e brevi e bellissime battute, il Capitano e Alice ristabiliscono il loro labile equilibrio e decidono di festeggiarlo: i 25 anni di matrimonio si avvicinano. I due vanno oltre, ancora insieme. «Cancellare e andare oltre»- dice il Capitano. Sì, ma con quale forza? Forse solo con quella dell’inerzia. E a che prezzo? La vita. La psicoanalisi freudiana insegna che solo Eros può opporsi al lento ma inesorabile percorso verso l’autodistruzione. L’essere umano nel suo profondo è fatto di istinti che lo portano alla morte e, dunque, alla morte dell’altro. La coppia, la famiglia e poi la società sono forzature, vere e proprie opposizioni a questa brama di distruzione intrinseca all’individuo. Ecco perché i nostri protagonisti, prima sono fuggiti in un’isola deserta da soli e poi tentano di distruggersi l’un l’altro, succhiandosi linfa vitale a vicenda.
Una storia che, insomma, è un po’ anche la nostra storia e se quest’opera teatrale riesce a farcela sopportare è perché ce la mostra con una sarcastica amarezza capace di farci “ingoiare la pillola”.
Recensione stupenda ma chi l’ha fatta ??? tanti complimenti a spoleto7giorni.
Recensione stupenda ma chi l’ha fatta ??? tanti complimenti a spoleto7giorni.