Ieri a Roma si è svolta la conferenza stampa di presentazione di «Spoleto Arte», la rassegna di arte contemporanea ideata e curata da Vittorio Sgarbi, alla presenza, oltre al curatore, dell’artista José Dalì (figlio del più noto Salvador Dalì) del produttore della rassegna Salvo Nugnes (Promoter Arte) e di rappresentanti istituzionali.
Vittorio Sgarbi ritorna nella rinomata cittadina umbra dopo il polemico «divorzio» del 2012 con il Festival dei Due Mondi e l’inaugurazione di uno spazio alternativo (il solo, a dire il vero, degno di questo nome) per l’arte contemporanea, Spoleto Arte.
Il critico, intanto, torna a sbertucciare l’inossidabile «gerenza» del Festival dei Due Mondi: «Non basta certo un cartellone musicale e teatrale di amici per tener vivo un gusto e un modo di vivere che furono un aspetto sofisticato della dolce vita di Spoleto, parallela a quella romana».
E prospetta un cambio di rotta: «Con la nuova amministrazione Spoleto dovrà ripensare al suo rapporto con il festival e meditare al suo fiorire negli anni eroici di Giancarlo Menotti, la cui presenza, anche alla fine, attribuiva alla città un’aura che non è soltanto memoria dei laudatores temporis acti, ma consuetudini, riti, incontri, appuntamenti, di cui oggi non vi è più traccia. E’ difficile immaginare un festival di Spoleto senza Alberto Arbasino testimone e senza gli eroi di quel mondo perduto, con Menotti, Romolo Valli, Giorgio De Lullo, Rossella Falk, Giovanni Carandente. Per me che li ho conosciuti, Spoleto appare come i resti di una civiltà scomparsa. Inutile cercare di animarla artificialmente. Occorre commemorarla».
Per l’edizione 2014 di Spoleto Arte Sgarbi inaugura un ciclo di incontri con i «grandi vecchi» della cultura italiana.
Tra questi lo scrittore centenario Boris Pahor, tenuto vivo dalla rabbia per la violenza subita con la deportazione nei campi di concentramento di Natzweiler-Struthof, Dachau, Bergen-Belsen. «Pahor – spiega Sgarbi – ha visto la morte negli occhi, ed è come un sopravvissuto, che è tornato dall’aldilà, e non vuole dimenticare. Quell’esperienza trasforma l’uomo, e gli fa intendere diversamente il rapporto con gli altri uomini, senza pietà e senza perdono».
E poi Eugenio Carmi «a cui chiederemo – racconta Sgarbi – ragione della sua armonia del mondo, delle sue geometrie colorate, del suo indefesso omaggio ai maestri dell’Astrattismo, da Kandinskij a Mondrian a Klee, e se questo lo abbia tenuto lontano da una realtà contaminata»- Ci sarà anche Mina Gregori «che potrà raccontare – annuncia Sgarbi – come sia stato esaltante stare vicino a Roberto Longhi, ripercorrendo momenti fondamentali della resurrezione dell’arte italiana».
Molto atteso l’appuntamento con il padre del critico d’arte, Giuseppe Sgarbi «che ha scritto il suo primo libro, «Lungo l’argine de tempo», a 93 anni, imponendosi come il più antico esordiente dell’umanità. Delle molte cose che ha visto e della verginità del suo sguardo; e della buona qualità del suo pensiero e di un mondo perduto, che sopravvive nella sua memoria, potremo avere nozione e emozione sentimentale».
L’inaugurazione è in programma venerdì 27 giugno alle ore 18,30 negli spazi espositivi dello storico Palazzo Leti-Sansi, nel cuore del centro storico di Spoleto. Oltre a proporre artisti affermati nel panorama dell’arte contemporanea (Eugenio Carmi, uno dei principali esponenti dell’astrattismo e José Dalì, figlio del più noto Maestro del surrealismo Salvador Dalì) la rassegna è un «osservatorio» (così ama definirlo il curatore) sugli artisti emergenti. L’appuntamento più atteso è certamente la «personale» del Premio Nobel Dario Fo.
Il grande attore e regista esporrà 20 tele che raccontano la sua passione per la pittura, dagli esordi, nel 1964, fino ai giorni nostri. Ma non solo. Assieme alle tele, Dario Fo porta a Spoleto immagini, disegni e video che raccontano aspetti noti e meno noti del suo lavoro teatrale, foto di scena e scenografie.
La rassegna propone, tra le altre cose, un omaggio a Pier Paolo Pasolini, attraverso gli scatti di Roberto Villa, un Maestro della fotografia, in una retrospettiva che documenta il Pasolini regista cinematografico. Autore di servizi fotografici per importanti riviste (“Vogue”, “Photo Magazine”, “Harper’s” “Esquire”, “Photo13”, “Epoca”, “National Geographics”) nel 1973 Roberto Villa è stato invitato da Pasolini a fotografare le riprese del film Il fiore delle Mille e una notte.