Cancellato il saluto scritto sul muro a Damiano Corrias

Cancellato il saluto a Damiano Corrias scritto sul muro
Cancellato il saluto a Damiano Corrias scritto sul muro

Il comitato 23 ottobre attacca la ripulitura del muro in zona Casette dove qualche giorno fa con un bomboletta spray era stato lasciato un messaggio di ricordo a Damiano Corrias condito da una promessa “Pagherete tutto”. La rabbia è per i tanti graffiti che campeggiano anche su monumenti che da tempo nessuno si attiva per ripulire.

Ecco il messaggio:

Il 23 ottobre, per ignoranza o sfregio, qualcuno ha pensato che un saluto scritto di rabbia su un muro per Daschia che non c’è più, oggetto di ingiustizia di uno Stato che lo ha arrestato perché terrorista per poi correggersi e dire terrorista non era, dovesse finire sotto la “calce bianca” come quella che si usa per seppellire i morti.

Schiere di benpensanti di ogni pensiero politico pensano che ogni murales sia un’offesa al decoro, ma non è vero, i dazebao che denunciano l’ingiustizia sono da sempre segno di civiltà. Ma anche chi non fosse d’accordo, e sbaglia, capirà che stiamo parlando di un’altra cosa. Stiamo parlando di pulizia politica. Politica perché chi ha ordinato la vernice bianca, al centro storico non vede la scritta “Duce” e copre con la “calce” in periferia la scritta “ciao Daschia”, politica perché lascia indisturbate le scritte fasciste e copre di bianco quelle anarchiche, politica perché cancella parole d’amore che parlano di giustizia su un muro di periferia e lascia graffiti di un amore privato sul monumento di Villa Redenta.

Ipocrita pulizia, moralistico pennello o piuttosto azione di un’ amministrazione pavida e senza idee che dice di si alla richiesta di qualcuno che conta a cui non si ha il coraggio di dire di no. Per “Daschia” vennero chiesti 6 anni di carcere per una scritta su un muro. Se esistesse l’inferno e una giustizia divina, le ingiustizie subite in terra sarebbero sanate, ma in attesa di capire come sarà dopo, chiedere giustizia è necessario.

E forse è questo che non piace a chi ha ordinato proprio per quel 23 ottobre che questo ultimo saluto degli amici di Daschia, così come accade in tutte le città per ragazzi che troppo presto ci hanno lasciato (vittime di incidenti, ingiustizie, suicidi) fosse rimosso , mentre tante altre scritte più o meno politiche, più o meno stupide, rimangono lì dov’erano. E’ quel “pagheranno tutto” che fa la differenza. Ma è la differenza tra la democrazia vera e uno stato dove comandano le oligarchie e le corporazioni.

Chi sbaglia deve pagare, vale per tutti, non è una minaccia, né una bestemmia, ma la sola cosa giusta. I cattivi non sono i ragazzi che fanno le scritte sui muri. I cattivi sono gli ipocriti, i politicanti, chi usa la forza per difendere i forti. Non sappiamo chi ha lasciato l’ultimo saluto a Daschia su un muro, capiamo che gli hanno voluto bene, per questo vogliamo dirgli, una scritta su un muro quando è una dichiarazione d’amore e di giustizia, anche se sparisce sotto il pennello di un imbianchino rimane per sempre, l’hanno scritto e cantato i poeti.

Questa canzone scritta sul muro
vi colpirà ne sono sicuro,
con le sue povere scarne parole
ma libere come ragazze sole,
questa canzone scritta di rabbia,
ognuno di voi per sua voglio che l’abbia,
per me sarà stringervi tra le mie braccia
e uno ad uno sputarvi in faccia.

Salve ragazzo con la chitarra,
che sporchi i muri di una città
e godi ormai sopra una panca
il tuo primo sonno in tranquillità.
A grandi passi scopre il misfatto
il nuovo mattino.
Con la tua morte scopre i tuoi segni
un po’ da bambino.
A passi lenti verrà col secchio,
della vernice un imbianchino.
Sbuffando oggi doppio lavoro,
tutto per colpa di questo cretino.
E la tua canzone scritta sul muro,
cancellerà ne sono sicuro
e basterà appena una mano,
perché il suo suono si spenga piano.
La tua canzone, il tuo testamento,
come una foglia goduta dal vento,
e dei tuoi amori, di quel che sei stato,
resterà solo quel muro imbiancato.
(Claudio Lolli)

Al tempo della guerra mondiale in una cella del carcere italiano di San Carlo pieno di soldati arrestati, di ubriachi e di ladri, un soldato socialista incise sul muro col lapis copiativo: viva Lenin! Su, in alto, nella cella semibuia, appena visibile, ma scritto in maiuscole enormi. Quando i secondini videro, mandarono un imbianchino con un secchio di calce e quello, con un lungo pennello, imbiancò la scritta minacciosa. Ma siccome, con la sua calce, aveva seguito soltanto i caratteri ora c’è scritto nella cella, in bianco: viva Lenin! Soltanto un secondo imbianchino coprì il tutto con più largo pennello sì che per lunghe ore non si vide più nulla. Ma al mattino, quando la calce fu asciutta, ricomparve la scritta: viva Lenin! Allora i secondini mandarono contro la scritta un muratore armato di coltello. E quello raschiò una lettera dopo l’altra, per un’ora buona. E quand’ebbe finito, c’era nella cella, ormai senza colore ma incisa a fondo nel muro, la scritta invincibile: viva Lenin! E ora levate il muro! Disse il soldato. (Bertold Brecht)