Che Spoleto avrebbe beneficiato del cine turismo ce l’aspettavamo e oltre ai tantissimo curiosi e fan, anche i giornalisti arrivano nella nostra bella cittadina per strappare qualche parola a Don Matteo tra una scena e l’altra.
E dal momento che lui non è certo uno difficile («Quanto è simpatico, sembra Papa Francesco» avrebbe detto una signora) qualche dichiarazione l’ha rilasciata; così ecco che Tv Sorrisi e Canzoni gli dedica un articolo dal titolo “Don Matteo 9, intervista a Terence Hill: «Benvenuti a Spoleto, la mia nuova casa».
Nell’articolo si parla un pò di tutto, di lui e del ruolo che riveste nella fiction, delle tematiche trattate ma anche delle tantissime comparse presentatesi ai provini; il tutto descritto su uno sfondo che spazia da piazza Duomo alla «bellissima» basilica di Sant’Eufemia.
Leggere per credere:
Don Matteo è tornato. Per ora, mentre tornano le repliche della sesta stagione su Raiuno, è sul set, dove la produzione (Lux Vide per Rai Fiction) sta girando gli episodi della nona stagione. Siamo a Spoleto, la località che ha sostituito Gubbio come ambientazione della fiction e dove la gente ha aspettato con tale entusiasmo l’arrivo di Terence Hill che ai provini per cercare le comparse si sono presentati in più di 4.000 e i turisti, incuriositi, fotogragrafano avvicinano ai luoghi delle riprese fotografando persino il pullmino della tografano persino il pullmino della produzione solo perché sul finestrino c’è scritto «Don Matteo».
Nuova città, nuove location
Tra le scene girate nel giorno della visita di Sorrisi ci sono quelle nel parlatorio del carcere, ricostruito nei locali sotto il teatro «Caio Melisso», proprio di fianco al Duomo, nella piazza sulla quale si affacciano anche gli esterni della stazione dei carabinieri e della canonica di don Matteo. La chiesa, invece, è un po’ più in là: la basilica di Sant’Eufemia, bellissima, aperta dal comune solo per le riprese. Terence Hill, tonaca («la stessa da 13 anni, da quando è iniziata la serie» rivela Stefania, la sua assistente) e giubbotto di pelle nera, è seduto di fronte a un giovane, accusato di avere sparato alla donna di cui è innamorato. Non sappiamo ancora se è colpevole o innocente ma il tema è a dir poco attuale: «Quella della violenza sulle donne è un argomento che abbiamo affrontato diverse volte nella fiction e di cui oggi più che mai è importante parlare» osserva l’attore, in una pausa delle riprese. «Credo si tratti di un problema culturale, molti uomini continuano erroneamente a pensare la donna come un oggetto di proprietà. E, anche se apparentemente può sembrare il contrario, usandole violenza finiscono per mostrare tutta la loro debolezza».
Si girano 26 episodi per 13 serate
Finita la pausa (più lunga del previsto perché stanno suonando le campane di mezzogiorno), ricominciano le riprese. Al tavolo del parlatorio del carcere stavolta c’è una donna: «È la scena di un’altra puntata» spiega la regista Monica Vullo. In tutto, quelli che andranno in onda a partire dal prossimo autunno saranno 26 episodi, divisi in 13 prime serate. Nella serie precedente gli ascolti sono stati persino più alti del previsto: «Don Matteo ha piantato dei semi che ora stanno dando ottimi frutti» dice, con soddisfazione, Terence Hill. «Di solito, una fiction che dura per anni dopo un po’ inizia a perdere spettatori. A noi, invece, sta succedendo il contrario». Sarà (anche) colpa della crisi che porta il pubblico ad avere bisogno di quella serenità e di quella speranza che don Matteo regala a piene mani dal piccolo schermo? «Forse sì. In un certo senso, avendo iniziato 13 anni fa, forse abbiamo persino anticipato le necessità della gente». Un’altra scena, poi un’altra ancora, fino alla pausa pranzo.
Don Matteo non ha fatto carriera
Quando Terence Hill esce dal «carcere» diretto al suo camerino, una signora sussurra: «Quanto è simpatico, sembra Papa Francesco». Il paragone lo fa sorridere: «C’era stata, in passato, l’idea di far fare carriera a don Matteo, farlo diventare monsignore o vescovo. Ho preferito evitare, lui piace perché è così semplice. Come si dice? Un sergente è sempre più simpatico di un generale. Papa Francesco, però, mi piace tantissimo: dice le cose che i nostri politici non hanno il coraggio di dire. Ha usato l’immagine della Torre di Babele, dove se cadeva un mattone era un dramma, ma se moriva un operaio, non succedeva niente, per farci capire che ci preoccupiamo tanto dei mercati ma non ce ne importa niente se muore un uomo. Ma ho apprezzato anche molto Papa Ratzinger. Di lui mi piaceva la grande capacità di spiegare il Vangelo». Detto con tutto il rispetto di un semplice don…