Sarebbe dovuto iniziare ieri il maxiprocesso che negli anni 2000 sgominò una vera e propria rete di associazioni a delinquere formata da circa 200 persone coinvolte a vario titolo in traffico di droga ma anche in favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
E invece, ancora una volta, l’udienza è stata rimandata (al 25 settembre) perché non tutti gli imputati sono stati raggiunti dagli avvisi, cosa che ha fatto sospendere l’appello del giudice e, appunto, rimandare l’udienza preliminare.
Nell’inchiesta sono finiti anche molti spoletini ben conosciuti in città dal momento che uno dei luoghi strategici utilizzato dalle organizzazioni era Il Faro Rosso, luogo dove -si legge in alcuni faldoni dell’inchiesta- venivano punite le ragazze, costrette a prostituirsi, che si ribellavano. Alcune testimonianze parlavano pure di cadaveri nascosti nei pressi del night spoletino, una leggenda diventata famosa anche a Spoleto: tuttavia, nonostante i numerosi scavi, nessun resto umano venne ritrovato.
L’indagine partì dalla morte di una prostituta russa e da qui si riuscì a risalire a tutta una serie di reati e di persone coinvolte: con l’aiuto di camorra, mafia russa e alcune finte agenzie di viaggio, le quali fornivano visti d’ingresso falsi per alcune ragazze dell’est, quest’ultime venivano in Italia con la speranza di un lavoro buono, trovandosi invece a prostituirsi con l’inganno e, talvolta, a fungere anche da corriere per la droga, trasportando nello stomaco ovuli di sostanze stupefacenti.
I capi d’imputazione a carico delle persone coinvolte (di quelle rimaste in vita, perché molte sono ormai morte) sono davvero pesantissimi: associazione a delinquere, sfruttamento della prostituzione e traffico di droga. Ma i 12 anni passati e questi ulteriori rinvii rendono sempre più vicina l’ombra della prescrizione.