Riceviamo e pubblichiamo la lettera firmata di un socio della Bps e di Scs. Proposte e preoccupazioni alla luce di un momento difficile per uno dei pilastri ( o forse l’unico) dell’economia spoletina.
Sono un socio, piccolissimo in verità, sia della Banca Popolare sia della Spoleto Credito e Servizi; ho anche un conto corrente in BPS con qualche risparmio.
Mi sento particolarmente interessato alla Banca Popolare perché sono un operatore economico e perciò vivo – insieme ai miei collaboratori – del lavoro svolto in questa città. Se l’economia della città va bene anche noi andiamo bene; se la città soffre anche noi soffriamo.
In questi ultimi anni ho partecipato assiduamente alle assemblee di entrambe le società e sono uno dei pochissimi che ha espresso, a volte, voti contrari alle proposte del “ Dominus” e ho spiegato pubblicamente il perché.
Spetta alla Banca d’Italia – e se sarà necessario anche alla Magistratura – il giudizio sulla gestione di questi ultimi anni.
Io vorrei invece esprimere un parere sulla responsabilità oggettiva dei dirigenti della BPS. Come è noto la Credito e Servizi, con i suoi 18 mila soci, detiene la maggioranza della BPS e di fatto ne nomina il consiglio di amministrazione e ne determina la scelta del Direttore. Nelle assemblee elettive della Spoleto Credito e Servizi i dipendenti della Banca, anche tramite il sistema delle deleghe, sono sempre stati la stragrande maggioranza e hanno sempre scelto loro chi li avrebbe amministrati. Di qui la spirale di interessi perversi che ha condotto al tracollo.
Ora che il danno è fatto, la città si può solo chiedere cosa fare per il futuro.
La BPS con i suoi 800 dipendenti rappresenta l’asset principale di Spoleto e da sola muove più economia delle altre poche attività produttive che ci rimangono: è assolutamente indispensabile conservarne la presenza in città.
Ciò di cui dobbiamo avere timore è che venga acquisita da un altro gruppo bancario, perché sarebbe interessato solo alle filiali e alla clientela e non saprebbe che farsene della Direzione e della maggior parte dei suoi dipendenti.
La vocazione e l’attitudine della B.P.S. è quella di Banca Regionale: è perciò indispensabile cercare alleanze e coinvolgere capacità imprenditoriali rigorosamente umbre.
Le dolorose vicende attuali e quelle simili, più o meno recenti, di altre banche portano a considerare come un pericolo e non come un bene il fatto che le fondazioni bancarie o le cooperative di soci, come è il nostro caso, detengano il controllo assoluto della banca. Di fatto fondazioni bancarie e cooperative favoriscono e hanno favorito personaggi che, non investendo e non rischiando nulla in proprio, hanno sfruttato con giochi di potere i risparmi di migliaia di persone e hanno privilegiato solo il loro tornaconto personale.
Non dobbiamo perciò disperarci se nel prossimo futuro la S.C.S., non riuscendo a far fronte all’aumento di capitale sociale debba scendere sotto la quota del 51%. Infatti la sua liquidità è stata già prosciugata da questa gestione, che l’ha lasciata oltretutto con un imponente debito di 30 milioni di euro con il Monte dei Paschi di Siena.
Cosa fare, allora? L’importante è che la S.C. S. mantenga una quota di prestigio e un’alta capacità rappresentativa, caratteristiche che la metterebbero in grado di dialogare e contrattare con partner umbri dotati dei suoi stessi obiettivi.
Considerando quanto appena detto, i soci della S.C.S. – e fra questi soprattutto coloro che sono anche dirigenti e dipendenti della BPS – dovrebbero certo essere interessati alla prospettiva che si ricrei il valore dei loro risparmi (quanto valgono oggi le quote SCS? Provate a venderle sul mercato), ma prima ancora dovrebbero preoccuparsi che la banca torni a operare con politiche creditizie in grado di far ripartire l’economia umbra. Molto dipende naturalmente dalla congiuntura economica, ma ormai sappiamo bene che la politica creditizia ha una responsabilità e una capacità di leva enormi sulla sopravvivenza delle aziende produttive, artigianali e commerciali, e anche sulla capacità dei cittadini di far fronte ai consumi.
Se c’è un tessuto economico vitale la banca ha un ruolo; se questo tessuto economico non sopravvive qualsiasi banca è inutile.
Ripartiamo dunque, e facciamolo subito, dalla capacità di rappresentanza della SCS. C’è chi sta già lavorando per costituire un comitato di soci in grado di ridarle voce autorevole: facciamo tutti in modo che questo comitato rappresenti veramente e degnamente i soci, l’economia e Spoleto tutta.
E infine: facciamo in modo che questo comitato sia di stimolo: per i Commissari della Banca d’Italia, affinché ripristino rapidamente l’agibilità della SCS, e per le Istituzioni (Comune di Spoleto e Regione dell’Umbria) oggi ancora particolarmente “ distratte” su questo disastro, affinché anche loro si attivino concretamente per evitare la “ desertificazione” di Spoleto.
Angelo Mariani