Sono stati pubblicati ieri i risultati dell’Arpa riguardanti la seconda tranche dell’indagine sull’inquinamento delle acque sotterranee nel nostro territorio e che si è concentrata sulla rilevazione e diffusione delle sostanze inquinanti.
Ebbene, i dati non sono di certo rincuoranti: il 76% dei pozzi, su 64 controllati tra giugno e settembre, risulta ancora avere i livelli di PCE troppo alti per la soglia consentita. Non solo! Nel 40% di questi casi, la concentrazione di PCE unita ad un’altra, il tricloroetilene, supera i limiti imposti dalla legge per il consumo umano anche se, ad onor del vero, la concentrazione degli inquinanti è diminuita rispetto a quella risultante dalle analisi precedenti.
Appare invece più estesa la “zona rossa”, ovvero la zona contaminata che, se prima partiva da due bacini distinti, arrestandosi più o meno vicino al cimitero di San Sabino, ora ha origine dalla fusione dei due, i quali si sono anche espansi fino ad arrivare ai centri abitati di Protte e San Giacomo e anche, secondo quanto rilevato dall’ARPA, a due pozzi tra Cortaccione e San Giacomo, da cui la VUS prende l’acqua per uso idropotabile. Fortunatamente, però, le analisi non hanno rilevato sostanze dannose sopra la soglia consentita.
A breve partirà la terza tranche di indagini volta a rintracciare le cause di questa sventura abbattutasi sulla città.